Il discorso di Michelle Obama alla convention dei democratici
Si è conclusa da poche ore la prima serata della convention democratica per l’investitura ufficiale di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti d’America. È la prima volta nella storia che questo evento non si svolge in presenza di pubblico, per via delle limitazioni legate alla pandemia di coronavirus.
Come funziona la convention virtuale dei democratici?
Cominciamo da questo: come risolvere il problema del pubblico assente, e realizzare comunque una convention efficace? Facendo apparire all’interno tante, tante persone: attivisti, militanti, personaggi di rilievo, politici e persone comuni. Più persone vedo sullo schermo, meno mi sento solo, più persone vedo, più percepisco che sono davanti a un evento collettivo e sento di farne parte.
Ma come si fa a gestire un evento in diretta rivolto a milioni di persone, riuscendo a rispettare i tempi, e senza il rischio che le decine di relatori coinvolti sbaglino? Molto semplice: registrando alcuni interventi da un lato, e utilizzando i teleprompter dall’altro, ovvero il suggeritore elettronico.
Il teleprompter attraverso un sistema di specchi riesce a riproporre esattamente di fronte all’obiettivo di una telecamera il testo che dobbiamo leggere. Il teleprompter dà la possibilità a chi legge di tenere lo sguardo dritto in camera, come se stesse guardando direttamente il pubblico, e direi che questo è stato uno sturmento molto molto utilizzato da diversi relatori durante la serata.
Il discorso di Michelle Obama: struttura argomentativa e call to action
Protagonista indiscussa di questa prima serata è stata Michelle Obama, nota per essere un’ottima public speaker, un’ottima comunicatrice in pubblico. Ha citato le tre parole magiche del decennio: compassione, resilienza ed empatia.
Per quanto riguarda il linguaggio non verbale: sguardo fisso in camera, voce pacata ma presente, gestualità e pause ben gestite, e ha scelto la struttura classica del discorso contemporaneo: un primo momento narrativo di storytelling, un secondo momento dedicato a cifre, dati e contenuti (i danni che ha fatto Donald Trump in questi anni), passaggio che ha concluso con una frase molto forte: “Donald Trump è il presidente sbagliato per la nostra nazione”.
Per poi finire, come succede di solito, con la call to action, con l’invito all’azione. Dice Michelle Obama: “Sapete che odio la politica, ma sapete quanto ho a cuore questo paese” (come dire: sono una di voi, non mi occupo abitualmente di politica, ma questo è il momento di agire). L’invito all’azione viene esplicitato nei passaggi finali dell’intervento: “La più grande forma di empatia: non soltanto sentire, ma fare”.
Anche in questo passaggio Michelle Obama mi è sembrata ancora una volta un’attivatrice di emozioni, ha descritto più volte con parole ad alto valore d’immagine persone, situazioni, contesti. Sarebbe stata probabilmente una candidata molto indicata, lei stessa, per competere alla Casa Bianca contro Donald Trump.
Ha deciso diversamente. Tuttavia il suo appoggio a Joe Biden resta determinante in vista della lunga campagna elettorale che lo aspetta.
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