L’attacco di Luciano Canfora a Giorgia Meloni: linguaggio statico / dinamico e sottovalutazione del contesto
Lo studioso Luciano Canfora durante una conferenza in una scuola di Bari ha definito Giorgia Meloni una “neonazista nell’animo”.
In questo video analizzo questo passaggio, e individuo – dal mio punto di vista – due errori importanti di comunicazione.
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La sottovalutazione del contesto
Analizziamo la frase pronunciata da Luciano Canfora:
“Trattata di solito come una mentecatta pericolosissima, siccome essendo neonazista nell’animo si è subito schierata con i neonazisti ucraini, è diventata una statista molto importante. Ed è tutta contenta naturalmente di questo ruolo”.
Prima di entrare nel merito dell’affermazione, un primo errore di comunicazione che ha commesso Canfora, a mio avviso, è stato quello di sottovalutare il contesto. Quando ha tenuto il suo discorso, infatti, si trovava in una scuola in Puglia davanti a un gruppo di studenti. Oggi, in qualsiasi contesto si tenga un discorso, a prescindere dalla quantità di persone che abbiamo di fronte, dobbiamo renderci conto che quello che diciamo può diventare virale.
Per questo motivo, quando parliamo in pubblico, è importante porre attenzione alle parole che pronunciamo dieci volte di più, rispetto a quanto non facessimo anche soltanto qualche anno fa.
Linguaggio statico vs linguaggio dinamico
Il secondo errore di comunicazione di Luciano Canfora, a mio parere, riguarda la gravità della sua affermazione, espressa attraverso un linguaggio cosiddetto statico.
Che cos’è il linguaggio statico, e perché è importante quando parliamo in pubblico? Si tratta di un tipo di comunicazione che fa uso del verbo “essere” per definire l’interlocutore, in questo caso pubblicamente.
L’alternativa potrebbe consistere invece nel ricorrere a un linguaggio di tipo dinamico, anche detto di processo. Ovvero un linguaggio che, anziché usare il verbo “essere” ed etichettare l’interlocutore, ci permette di descrivere meglio l’azione che ha eventualmente compiuto la persona di cui stiamo parlando, e di comunicare in maniera più chiara nei confronti del nostro pubblico.
Vediamo un esempio concreto per capire meglio la distinzione tra queste due soluzioni linguistiche. Se diciamo: “Carlo è un ritardatario”, possiamo facilmente notare come l’utilizzo del verbo “essere” abbia come conseguenza quella di rendere la definizione statica.
Per esprimere il concetto adottando un linguaggio dinamico, invece, la nostra frase potrebbe diventare: “Carlo ha fatto tardi quattro volte al nostro appuntamento”. In questo modo, anziché etichettare l’interlocutore, descrivo in maniera più chiara l’azione che ha compiuto e che voglio comunicare al pubblico.
Comunicare senza il verbo essere: un’impresa possibile?
Alcuni anni fa mi sono occupato delle possibilità offerte dalla linguistica di rinunciare all’utilizzo del verbo essere all’interno dei nostri discorsi: ne ho parlato in questo video, soffermandomi in particolar modo sulla cosiddetta lingua E-Prime, ideata alcuni decenni fa negli Stati Uniti proprio con questo scopo:
In conclusione, tornando allo specifico argomento di questo post, è importante considerare che Luciano Canfora si occupa di filologia ed è quindi un amante del lógos, del discorso. Credo per questo sia ancora più importante avere consapevolezza delle risorse del linguaggio.
E in particolar modo, dei vantaggi del linguaggio dinamico rispetto ai limiti di quello statico, il cui utilizzo esclusivo ci toglie tante possibilità quando parliamo in pubblico.
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Dott. Patrick Facciolo
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