Quando parliamo in pubblico il target non esiste: ecco perché.
La parola “target”, che significa “bersaglio”, è molto usata in comunicazione, e di conseguenza anche quando ci occupiamo di Public Speaking, di arte di parlare in pubblico.
“Target” è l’alibi che spesso ci diamo per giustificare la nostra comunicazione contorta, incomprensibile, metaforica, piena di rimandi e di figure retoriche.
“Perché tanto il mio target mi capisce”. Ma questo lo decidiamo noi per gli altri.
Il target è la scusa che ci diamo per non semplificare i messaggi, per parlare con alcuni ed escludere altri, per dirci che l’altro è catalogabile sulla base di cultura, censo, caratteristiche e comportamenti.
Il target è quella cosa che ci fa male, se qualcuno ci dice che non esiste.
Il target è un concetto, e come tanti concetti, è un portato diretto della nostra cultura.
Il target è quella parola che ci illude di essere alla moda, mentre ci rende incapaci di affrontare lo sguardo dell’altro, perché tanto “è fuori target, non capirebbe”.
Ma in realtà è quello che diciamo a noi stessi per non affrontarlo, “l’altro”.
Il target è un concetto che appartiene alla società dei consumi, confortevole e capriccioso, perfettamente in linea col periodo storico in cui stiamo vivendo.
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