La comunicazione di Michelle Obama: linguaggio statico e di processo
Non ha detto “I’m depressed” (“sono depressa”) ma “I’m dealing with some form of low-grade depression”, ovvero: “ho a che fare con” una lieve forma di depressione, appunto.
Sembra una sfumatura, ma fa molta differenza: se Michelle Obama avesse detto “sono depressa”, il suo linguaggio avrebbe suggerito immediatamente un’identificazione con quell’esperienza.
Dicendo invece “ho a che fare con” la depressione, ha dato una descrizione specifica di quello che le sta accadendo, non di quello che lei “è”.
La psicologia ci insegna la distinzione tra il linguaggio statico (che fa ampio uso del verbo essere), e il linguaggio di processo (che descrive ciò che ci accade in maniera fluida, più dinamica).
L’esempio di Michelle Obama sensibilizza il pubblico su un tema molto delicato: sì, anche lei ha a che fare con la depressione, e sì, per descriverlo non serve usare per forza il verbo essere.
Insegna così alle persone che esistono modi diversi per descrivere i propri stati interni, senza necessariamente dover “diventare” quello che proviamo.
Una grande lezione di comunicazione, che passa attraverso una piccola sfumatura di linguaggio.
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