In un mondo che ci chiede ogni giorno di “superare i nostri limiti”, di “metterci la faccia” sempre e comunque, di comunicare, comunicare, comunicare, in questo video cerco di lanciare un messaggio un po’ più morbido: se comunicare in prima persona spesso è più efficace, non è detto che tutti vogliano farlo con la stessa intensità.
Penso sia importante che ciascuno comunichi con la gradualità che gli è propria, senza per forza obbedire agli imperativi che ci arrivano dagli aforismi motivazionali che troviamo in rete, o dall’idea che comunque dobbiamo fare tutti le stesse cose.
Coltivare il proprio diritto a non esporsi
È importante comprendere è che non tutti sono a proprio agio nell’esporre sé stessi in questo modo. Ci sono molteplici ragioni per cui qualcuno potrebbe esitare a mettersi subito in mostra davanti al pubblico. Forse a causa delle proprie insicurezze, delle esperienze passate, o semplicemente perché sentono che non è giusto per loro.
Ecco perché, come comunicatori o divulgatori, è nostro dovere rispettare e comprendere queste scelte. Non dobbiamo forzare la gente a fare un salto dal non avere nemmeno una foto del profilo su Facebook al realizzare video in stile vlogger da un giorno all’altro. La gradualità, e la self-compassion, sono la chiave.
Ci servono più formatori che sappiano comunicare il messaggio per cui: “Va tutto bene, va bene così come sei. Da qui, possiamo crescere insieme”.
Ecco come dovremmo affrontare la comunicazione: con comprensione, pazienza e rispetto per le scelte individuali. E per noi stessi. Da qui, la parola self-compassion nel Public Speaking. Ne parlo in questo video.
Se sei interessat* a questo tema, ne parlo più approfonditamente nel mio libro del 2019, “Parlare in pubblico con la mindfulness”, disponibile su Amazon.
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