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Perché Obama non cita più Trump nei suoi discorsi

Perché Obama non cita più Trump nei suoi discorsi

Negli ultimi tempi Barack Obama non cita più Donald Trump nei suoi discorsi in pubblico. Anziché pronunciare il suo nome, se la prende genericamente con il “Governo federale”.

Qual è la motivazione? Perché certe volte i politici smettono di citare i loro avversari nei propri discorsi?

Per non alimentare continuamente negli ascoltatori l’immagine mentale dell’avversario. Se dico il nome di Trump lo evoco direttamente, e il mio ascoltatore ne immagina la faccia. Dandogli più notorietà ogni volta che lo nomino.

Un tentativo che aveva fatto, a modo suo, anche Walter Veltroni nel 2008.

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Se hai bisogno di spiegarlo, non funziona

Se hai bisogno di spiegarlo, non funziona

Se hai bisogno di spiegarlo, non funziona.

È la frase ricorrente che dico ai miei corsisti quando preparano i loro discorsi in pubblico. Specie quando usano metafore, sottintesi, frasi difficili da capire.

E spesso per questo vengo preso per un cinico senza cuore. In realtà amo le figure retoriche, ma da professionista che ha fatto la radio per tanti anni, ho imparato che se le cose non vengono dette in modo chiaro, non arrivano al pubblico.

Le metafore, i sottintesi, i modi di dire sono belli e utili nell’arte, in letteratura, in tutti i contesti in cui il pubblico “sceglie” consapevolmente e intenzionalmente di dare attenzione al comunicatore, dedicando tempo e concentrazione.

Quando parliamo in pubblico, invece, spesso siamo noi a dover competere per quell’attenzione e coinvolgere chi ci ascolta. E la disponibilità di attenzione da parte del pubblico non è affatto scontata.

Per questo motivo, ancora una volta: “se hai bisogno di spiegarlo, non funziona”. E se comunque hai bisogno di spiegarlo, spiegalo, ma non lasciarlo mai sottinteso.

Frasi piane, parole chiare, linguaggio semplice: ecco il modo per stare vicini al nostro pubblico, senza escludere nessuno.

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Come i pensieri condizionano i nostri discorsi in pubblico

Come i pensieri condizionano i nostri discorsi in pubblico

Quando parliamo in pubblico siamo già convinti di sapere quello che gli ascoltatori pensano di noi.

È questo l’ostacolo che spesso individuo tra le persone che vengono a seguire un corso di Public Speaking con me.

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È giusto ringraziare il pubblico per le domande?

È giusto ringraziare il pubblico per le domande?

È giusto “ringraziare per la domanda”, quando il pubblico ci chiede qualcosa? In linea generale, sì. È un tema che mi è venuto in mente osservando l’imitazione che Maurizio Crozza fa di Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, che nelle sue conferenze stampa ringrazia sempre i giornalisti.

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