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Definire l’avversario: la retorica di Donald Trump durante il discorso alla convention repubblicana

Definire l’avversario: la retorica di Donald Trump durante il discorso alla convention repubblicana

Donald Trump nel suo recente discorso ha rispolverato un classico della retorica conservatrice: definire l’avversario con aggettivi in cui l’avversario non si riconosce.

Lo ha fatto in chiusura della convention repubblicana che lo ricandida alla presidenza: “Queste sono le elezioni più importanti della storia del nostro Paese La scelta è fra due opposte visioni del mondo”. E quella per il partito democratico, secondo Trump, è una scelta verso il “socialismo”.

Da una parte Trump fa ampio uso delle tecniche di storytelling (decido io il contesto, chi sono i protagonisti della storia, gli attori in campo, i nemici, la sceneggiatura, il finale), dall’altra crea immagini funzionali alla sua narrativa (se ti do del “socialista”, ma tu non lo sei, potrai smentirlo quanto vuoi, ma nel frattempo io avrò evocato proprio quell’immagine nell’elettorato).

Una modalità, peraltro, simile a quella utilizzata in passato da Silvio Berlusconi in Italia, noto per la formula “siete ancora oggi, come sempre, dei poveri comunisti”, rivolta a oppositori che avrebbero potuto non riconoscersi in quella definizione.

Si tratta di una modalità che finisce, inevitabilmente, per alimentare l’immagine mentale sottostante. E ogni volta che succede, per gli oppositori, diventa un bel problema venirne fuori.

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Come comunica Melania Trump: linguaggio verbale e non verbale nel suo discorso alla convention repubblicana

Come comunica Melania Trump: linguaggio verbale e non verbale nel suo discorso alla convention repubblicana

Melania Trump ha appena concluso il suo discorso a supporto del marito Donald, e complessivamente si è trattato di una performance discreta.

Un intervento piuttosto lungo (25 minuti, contro i 18 dell’ex first-lady Michelle Obama), con diversi momenti di storytelling alternati al presente, e il rimando costante alla necessità di votare nuovamente per Donald.

Melania ha scelto 3 punti fissi per distribuire il suo sguardo: un punto a destra, uno al centro e uno a sinistra (a destra e a sinistra due prompter, due suggeritori digitali, visibili nella foto).

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Il discorso di Joe Biden alla convention democratica: analisi del linguaggio verbale e non verbale

Il discorso di Joe Biden alla convention democratica: analisi del linguaggio verbale e non verbale

Poche ore fa si è concluso il discorso del candidato democratico alla Presidenza degli Stati Uniti d’America Joe Biden, durante la convention del partito democratico a Milwaukee.

Il linguaggio verbale: le parole che ha usato Biden

Cominciamo dall’analisi del linguaggio verbale, dalle parole che ha usato: quello di Joe Biden è stato un discorso che potremmo definire come “sulle montagne russe”, un continuo alternarsi di immagini negative e poi positive.

Ha alternato le parole “darkness” (oscurità), la formula “no miracle is coming” (non sta arrivando nessun miracolo),“I’m not looking to punish anyone” (non sto cercando di punire nessuno), a delle immagini positive “decency” (decenza), “compassion” (compassione), “I’ll protect America” (proteggerò l’america), “find the light once more” (trovare ancora una volta la luce).

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Perché Obama non cita più Trump nei suoi discorsi

Perché Obama non cita più Trump nei suoi discorsi

Negli ultimi tempi Barack Obama non cita più Donald Trump nei suoi discorsi in pubblico. Anziché pronunciare il suo nome, se la prende genericamente con il “Governo federale”.

Qual è la motivazione? Perché certe volte i politici smettono di citare i loro avversari nei propri discorsi?

Per non alimentare continuamente negli ascoltatori l’immagine mentale dell’avversario. Se dico il nome di Trump lo evoco direttamente, e il mio ascoltatore ne immagina la faccia. Dandogli più notorietà ogni volta che lo nomino.

Un tentativo che aveva fatto, a modo suo, anche Walter Veltroni nel 2008.

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